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storia3

Dopo il passaggio del fronte – dalla Liberazione alla Costituzione

E' del 12 agosto 1944 l'ultima notizia di guerra nel territorio arceviese e riguarda la zona di Nidastore, posta all'estremo nord del comune. I tedeschi in ritirata sparano gli ultimi e furiosi colpi di artiglieria, colpendo anche l'ambulatorio medico e l'asilo infantile dell'Istituzione " Uomini di Nidastore": nel frattempo giunge notizia che un giovane contadino era stato gravemente colpito dall'esplosione di una mina che gli aveva maciullato una gamba. Incuranti di ogni pericolo, due suore, suor Francesca e suor Giustina, partono pre prestare soccorso e percorrono circa due chilometri tra gli scoppi di ben 45 granate: nonostante ciò e opponendosi anche a una pattuglia tedesca che tentava di fermarle riescono a compiere la loro generosa missione.

La ripresa della normalità della vita quotidiana riguarda anche il lavoro dei contadini e dei minatori.

La trebbiatura del grano nell'estate del 1944 costituiva un vero pensiero per i contadini della zona. Già la mietitura non era stata agevole sia per lo sfaldarsi dei nuclei familiari, sia per l'inclemenza del tempo, sia per il passaggio degli eserciti accompagnato sempre da inevitabili ruberie e distruzioni. Oltre a queste difficoltà concrete i contadini temevano che una volta trebbiato il grano esso potesse diventare facile preda delle requisizioni tedesche e allora si era preferito rinviare la trebbiatura a dopo la ritirata tedesca. Parallelamente mentre i comandanti partigiani, per salvare il grano, premevano perchè le trebbiatrici non uscissero dai magazzini e non si presentassero sulle aie, Il Prefetto di Ancona di contro sollecitava i commissari prefettizi e i comandi di presidio della G.N.R. a vigilare perchè tutti i possessori di trebbiatrici provvedessero in tempi brevissimi a renderle efficienti per la trebbiatura e a dichiarare la loro localizzazione. Subito dopo la Liberazione, in molte zone anche a settembre, i contadini riuscirono a trebbiare. Il carburante per queste lavori venne fornito dall'esercito alleato. Le preoccupazioni per la bontà del raccolto furono smentite dai fatti: nonostante il ritardo e le piogge la produzione fu abbondante e di buona qualità.

Nel settembre del 1944 riprendeva l'attività della miniera di zolfo di Cabernardi, dopo la distruzione parziale degli impianti provocata dai tedeschi, non senza tensioni perchè viene negato il lavoro a molti minatori colpevoli di non aver risposto alla chiamata alle armi. Dopo vent'anni di dittatura fascista ci fu una manifestazione di protesta, la prima di una serie che sarebbe stata molto lunga. Una cinquantina di minatori rimasti senza lavoro prese d'assedio i locali della Direzione dove si era asserragliato il direttore, l'ingegner Zamboni, riuscendo rapidamente ad essere riassunti in miniera. La ripresa fu molto graduale e si ritornò alla normalità solo all'inizio di agosto 1945 dopo la ricostruzione di tutti gli impianti esterni e l'ultimazione della linea elettrica che alimentava la miniera. La produzione del 1945 fu conseguentemente molto bassa, arrivando a fondere appena 5000 tonnellate di zolfo tra Cabernardi e Percozzone. Solo nel 1946 nel clima della piena ricostruzione che stava attraversando l'intero paese, la miniera di Cabernardi ritornò alla sua normalità produttiva.

Il giorno stesso della Liberazione del capoluogo di Arcevia, il capo del Comune, Giuseppe Severini, in un manifesto rivolto alla popolazione così comunica la sua nomina: "...Avvenuta la Liberazione del nostro comune da parte delle vittoriose truppe alleate, con il consenso delle competenti autorità militari di occupazione, assumo, quale membro del comitato nazionale di liberazione, la carica e le funzioni di capo del comune...". Successivamente, nominati dal prefetto, in qualità di massima autorità amministrativa territoriale, saranno nominati sindaci Giuseppe Terni dal 16 dicembre 1944 e Amedeo Pianelli dall'11 marzo 1945.

Finalmente si ristabiliscono le regole della democrazia rappresentativa, con i partiti che potevano riprendere a svolgere senza divieti la propria attività. Il 18 marzo 1946 si svolsero le elezioni comunali con - per la prima volta in Italia - il sistema del suffragio universale, cioè con il diritto di voto a tutti i cittadini maggiorenni maschi e femmine. In Arcevia risultò vincitrice la lista che comprendeva quei partiti - comunisti, socialisti, repubblicani e altri minori - che si dichiaravano apertamente favorevoli alla repubblica: la campagna elettorale si svolse in un clima molto appassionato e con grande partecipazione di cittadini ai comizi e alle varie riunioni di partito. Su 7788 iscritti andarono a votare in 6561: adottando il sistema maggioritario, la lista cosiddetta "socialcomunista" ottenne 4476 voti e 24 consiglieri (Francolini Leone, Pianelli Amedeo, Giorgi Giulio, Giovannetti Sesto, Cenci Luigi, Antonelli Armando,  Boria Achille,Olivi Amilcare, Silvi Gherardo e Angelelli Livio per il Partito Socialista;Ceccarelli Ruggero per il Partito Demolaburista; Ginesi Attilio per il Partito Repubblicano; Montanari Quinto, Avenanti Attilio, Bomprezzi Sabatino, Petrolati Ernesto, Agostinelli Vinnico, Quattrini Vincenzo, Landi Primo, Giacchini Arnaldo, Rossi Torindo, Mancinelli Dante, Paolinelli Angelo e Casoli Giovanni per il Partito Comunista), la lista democristiana ottenne 1673 voti e 6 consiglieri (Simoncelli Giuseppe, Banci Tito,Villani Ezio, Meschini Dante, Armezzani Carlo e Pencarelli Angelo). Il 7 aprile 1946 si riunisce il primo consiglio comunale eletto democraticamente dopo la fine del fascismo: il socialista Leone Francolini con 21 voti diventa Sindaco; la Giunta risulta composta da cinque assessori effettivi (Arnaldo Giacchini, Attilio Avenanti, Torindo Rossi per il partito comunista, Attilio Ginesi per il partito repubblicano e Amedeo Pianelli per il partito socialista) e due assessori supplenti ( Vinnico Agostinelli del PCI e Sesto Giovannetti del PSI).

Il 2 giugno 1946 si svolsero il referendum per scegliere fra monarchia e repubblica la forma istituzionale dello Stato e le elezioni per scegliere i componenti dell'Assemblea Costituente, che avrebbero dovuto elaborare il testo della Costituzione, che entrerà in vigore il 1° gennaio 1948.

In Arcevia il risultato del referendum sulla forma istituzionale fu il seguente:

Voti validi alla Repubblica: 5342, pari all'81%

Voti validi alla Monarchia: 1291, pari al 19%

Su un totale di 7202 votanti ( pari ad una elevatissima affluenza alle urne del 94% degli elettori) si registrarono anche: 479 schede bianche, 88 schede nulle e 2 voti contestati e non attribuiti alla Monarchia.

Questo risultato per la Repubblica fu molto al di sopra e del risultato regionale ( + 10%) e del risultato nazionale ( +26% ). La percentuale più alta dei voti favorevoli alla Repubblica fu espressa nel seggio n. 7 di Costa dove raggiunse ben il 90% ( fu proprio nel territorio di Costa che si svolse l'eccidio del Monte Sant'Angelo).

In Arcevia il risultato delle elezioni dei deputati all'Assemblea Costituente fu il seguente:

Elettori: 7697

Votanti: 7202, pari al 94%

Voti validi attribuiti: 6469

Schede bianche: 383

Schede nulle: 342

Voti contestati e non attribuiti: 8

Partito Comunista: 3092 ( 47,8%)

Unione Democratica Nazionale: 121 ( 1,9%)

Partito Repubblicano: 347 ( 5,4%)

Partito d'Azione: 59 ( 0,9%)

Unione Democartica Indipendente: 103 ( 1,6%)

Partito Socialista: 1264 ( 19,5%)

Fronte dell'Uomo Qualunque: 274 ( 4,2%)

Partito Democratico Cristiano: 1209 ( 18,7%)

Il partito che raccoglie più consensi è quello comunista in quanto, con una struttura organizzativa già formata nel pieno della lotta partigiana, è quello che mostra maggiore vitalità: la sua influenza è soprattutto in direzione dei contadini mezzadri, che rappresentano la stragrande maggioranza dei lavoratori della terra, e dei nuclei operai formati da minatori, fornaciai e cavatori di pietra. Un'altra sicura ragione di questo successo è dovuta al suo netto schierarsi a favore della Repubblica, mettendo in evidenza le colpe e le responsabilità della Monarchia nell'aver fatto subire al popolo italiano oltre venti anni di dittatura fascista e  tanti soldati morti su tanti fronti di guerra.